Fitet Veneto
Notizie

Il tennistavolo, la passione di una vita. Il nuovo presidente regionale Riccardo Griggio si racconta

Giocatore, allenatore e ora dirigente alla guida del tennistavolo Veneto.

Riccardo Griggio, padovano, classe 1962, è il nuovo presidente del Comitato Regionale Veneto. Dopo l’elezione avvenuta a Mortise, il nuovo numero uno del pongismo veneto si racconta fra ricordi e progetti rispondendo alle nostre domande.

Hai accettato un compito di responsabilità e di grande impegno e una non

facile eredità..

“E’ vero! Non nascondo che avevo diversi dubbi al riguardo, soprattutto pensando al difficile e incerto periodo che tutti stiamo vivendo a causa del Coronavirus, ma il presidente uscente Giampietro Corso, unitamente a tutto il Comitato Regionale, mi hanno dato grande fiducia.

Quando mi hanno accolto, due anni orsono, nella Commissione Tecnica Regionale, ho potuto in prima persona sperimentare quale lavoro ci sia dietro l’organizzazione e la gestione degli stages giovanili e di tutta una stagione agonistica e comprendere bene tutte le attività e i compiti che il CRV è chiamato ad assolvere. Certo non è facile raccogliere una eredità simile perchè le novità introdotte dal CRV che mi ha preceduto sono diverse.

Su tutte la nuova formula dei tornei giovanili, dove tutti i ragazzi giocano molte partite e anche la nuova e più veloce formula dei campionati a squadre regionali, dove finalmente tutti possono giocare almeno due partite. Ecco, poter continuare questo percorso cercando magari di migliorarlo con l’aiuto della mia squadra di consiglieri e di tutte le società con la correttezza e trasparenza di chi mi ha preceduto, è stato per me motivo di grande stimolo nell’accettare questo incarico”.

Una vita nel tennistavolo. Ti ricordi il primo approccio ?

“Il mio pensiero non può che andare a Giorgio Paolo Gardin, dirigente sportivo e anche lui presidente regionale Fitet. Era l’ormai lontano 1973 quando propose a noi ragazzini della Parrocchia di Noventana, di formare una gruppo sportivo dove oltre a pallavolo e calcio si potesse anche giocare a tennistavolo.

La nuova società si chiamò Gs Nova Gens, letteralmente “nuova razza” o più semplicemente, come amava definirla lui, “nuova famiglia”. Con la sua Fiat 128 gialla faceva il giro delle case e ci portava all’allenamento al Villaggio San Antonio di Noventa Padovana.

In quella mitica 128 entravamo anche in dieci per andare ad allenarci! Non in palestra, ma nel magazzino della falegnameria del villaggio. Questo fu il mio inizio ed era ping pong. Il tennistavolo, quello vero, cominciai a vederlo grazie a Tv Koper Capodistria che trasmetteva le partite di Coppa Ettu della Nazionale jugoslava. Vedere all’opera i mitici Dragutin Surbek e Antun Stipancic nel Palazzo dello Sport di Belgrado gremito di spettatori con un unico tavolo al centro del parterre, accese in me la fiammella che non si è ancora spenta”.

I tuoi più bei ricordi da giocatore ?

“Sono tanti. Se devo scegliere i più belli ne racconto due.

Nell’aprile del 1993 con il Q4 Padova del patron Renato Frigo. L’Ultima e decisiva partita di C1 contro il Duomofolgore Treviso per andare allo spareggio promozione per la B2.

Si gioca al mitico Gimnasium di Treviso, una chiesa sconsacrata che era il tempio del tennistavolo, presenti fra gli spettatori (almeno una cinquatina..) anche i miti del Duomofolgore, Furlanetto, Bettiol, Livolsi, Dotto, e persino la Favero in forza anni prima al Lupino Treviso.

All’andata avevamo perso 5-3 in casa, con Mazzariol autore di 3 punti. Al ritorno perdo con Freschi, ma vinco 2-0 con Paccagnan e Mazzariol, Andrea Furlan lascia i suoi 3 punti come all’andata (con Duomofolgore saranno le uniche partite che perderà in tutto il campionato) ma Luca Boscolo ne fa 3 vincendo sul 4 pari 21-19 alla bella contro Freschi. Indimenticabile.

Il secondo grande ricordo, ma solo in ordine cronologico, 10 anni dopo, il 9 marzo 2003 nel campionato di B2 con il Tt Abano Terme del giovane e vulcanico Gabriele Saltarello. In squadra con me Guerrino Dedin e Gianluca Reitz. Nella penultima di campionato. Andiamo a giocarci la salvezza alla Fortitudo Bologna che schiera Santi, Tossani e Valerio Ballardini. All’andata avevamo perso 5-2 in casa. Chi vince questa volta si salva e chi perde retrocede.

Dopo due ore siamo sotto 4-2 con un punto mio e uno di Dedin, come all’andata. Gioco io la mia ultima partita con Ballardini e perdo il primo set 11-3. Poi vinco 3-1. Tocca a Guerrino Dedin che sotto da due set a zero rimonta e va al quinto dove rimonta ancora da 7-9 con quattro colpi vincenti. Si va sul 4 pari e tocca a Reitz. Anche lui va sotto 2-0 e recupera arrivando al quinto. Qui è sotto 4-6 e chiamiamo il time out. Lui torna in campo letteralmente in trance agonistica. Gli entra tutto e va a vincere 11-7 firmando il 5-4. Siamo salvi, la gioia è indescrivibile, ci abbracciamo assieme ai nostri tifosi giunti da Padova. Saltarello piange fra gli applausi delle altre squadre presenti quella mattina in palestra e impegnare in altri incontri. Una scena che ricorderò per tutta la vita.

Se devo invece scegliere il più bel ricordo nei tornei individuali non ho dubbi, i Campionati Italiani Veterani 2002 a Darfo Boario Terme.

Nel singolare over 40, con il titolo italiano di Doppio appena vinto in coppia con Carlo Castelvetro da Cervia dopo incredibili battaglie, affronto nei quarti di finale Roberto Giontella, in quel momento umero 19 della classifica nazionale e campione in carica nonché testa di serie numero 1. Per me un mito. Avevo imparato il top spin da lui nel 1975 guardando e riguardando un filmato in super8 della Fitet dove lui ragazzino ma già in Nazionale, con Bosi, Manoni, Pellizzola e Malesci spiegava ed eseguiva i principali colpi del tennistavolo.

Vado sotto 2-0 come da pronostico, ma poi vinco a sorpresa il terzo set complice forse un suo rilassamento. Nel quarto prendo coraggio e gioco benissimo vincendo 11-7. sono al quinto, non ci credo, e non ci crede nessuno. Walter Pavan, il papà di Federico, è in panchina a seguirmi e mi dice: “non ti dico niente..”.

Cambio campo 5-1 per me e mi impongo di non guardare il segnapunti e neanche Giontella, ma solo la pallina proprio come diceva il grandissimo Dragutin Surbek su Koper Capodistria.

Finisce 11-3 per me. Penso seriamente di smettere di giocare perchè non avrei mai più potuto giocare meglio di così, ma sono in semifinale. E sulle ali dell’entusiasmo batto anche Abelardo Saporito. In finale trovo l’ex prima categoria Concetto Testiera che mi riporta sulla terra.

Tempo dopo in cielo andranno invece sia Abelardo che Roberto. A volte penso sia stato tutto un sogno regalatomi da due angeli.

Ecco, quella giornata è una spanna sopra a tutto anche se ci sono state tantissime altre soddisfazioni prima e dopo quella domenica di maggio 2002. Soprattutto in doppio, gara che prediligo di gran lunga perché è l’unica che esprime il gioco di squadra nel tennistavolo. I 5 titoli veneti assoluti di doppio con 5 compagni diversi (uno con l’autore di questo articolo..), i podi agli italiani di terza categoria con Stefano Venturelli e Serena Orando del San Pancrazio Verona, la vittoria ai tornei nazionali terza con Andrea Pettenò e ancora Serena Orando, il titolo Triveneto assoluto in coppia con Davide Bergamo. Tutti ricordi bellissimi”.

Da giocatore ad allenatore. Un passaggio obbligato o il crescere di una nuova passione?

“Non è stato un passaggio obbligato ma piuttosto una scelta maturata nella consapevolezza che era giusto lasciare qualcosa ai giovani, quantomeno provarci.

E in diversi di loro, soprattutto durante gli stages del CRV, ho ritrovato quella passione che teneva e tiene tutt’ora accesa la mia fiammella. Sono davvero bravi questi giovani pongisti appassionati di oggi perché, a differenza di quando noi eravamo sbarbatelli e il ping pong era spesso la nostra unica passione, loro ora hanno mille e mille altre situazioni che li possono distrarre e spegnere quel fuoco. Sta anche a noi veterani riuscire a trasmettere il nostro intatto entusiasmo. E lo possiamo fare solo se “dirottiamo” la nostra passione verso di loro. Vederli tirare un top lungo linea sul match point può essere molto appagante, così come lo è un loro sorriso dopo una lacrima per la partita persa. Provare per credere”.

Giocatore, allenatore, e ora anche dirigente. In quale di questi tre ruoli ti senti più a tuo agio ?

“Essere giocatore mi è piaciuto molto, allenatore anche. E sicuramente continuerò a farlo nella mia società, soprattutto ora che abbiamo avuto il riconoscimento da Fitet di “Scuola di Tennistavolo”.

Da dirigente, da primo dirigente del CRV, le responsabilità e le decisioni che si dovranno prendere saranno diverse e più importanti, prima di tutto perché riguarderanno l’attività di tutte le società del Veneto. Sono però sicuro che con i nuovi consiglieri e con l’aiuto di tante, spero tutte, le società venete, riusciremo a fare un buon lavoro”.

Quali sono gli obiettivi che intendi realizzare da presidente del Crv ?

“Voglio innanzi tutto continuare il buon lavoro svolto dal precedente Comitato nel settore giovanile. Organizzando gli stages, ampliandoli anche per le “seconde linee”. E’ questo un obiettivo che voglio raggiungere: spesso diversi ragazzi non si impegnano o addirittura smettono e cambiano sport perché consapevoli del gap tecnico esistente con i più bravi. Questo è un serio problema che investe diverse società della nostra regione.

Lavorare solo sui più bravi fa aumentare il divario dagli altri. E invece sarà importante seguire anche questi ragazzi di seconda fascia, coinvolgendo anche i loro tecnici in modo che ci possa essere uno scambio di risorse e di esperienze che potrà solo far bene a tutto il movimento pongistico giovanile.

Vorrei poi dare attenzione alla categoria Amatori che in molte società rappresenta una realtà importante, fatta di persone che nel tennistavolo (che fra l’altro è anche uno sport “anti-Covid”..) trovano uno sport che permette loro di fare movimento divertendosi, senza lo stress del risultato agonistico.

A questo proposito studieremo come favorire e sviluppare questo settore, anche attraverso delle “serate a tema” da svolgersi presso le palestre delle nostre società durante le quali i tecnici del CRV, coadiuvati dagli allenatori locali, potranno rispondere alle tante richieste e alle curiosità degli appassionati.

Un altro punto che mi piacerebbe sviluppare è la collaborazione tra le 7 società venete che hanno avuto il riconoscimento di “Scuola di Tennistavolo” arrivato a conclusione di un lungo percorso di formazione durato tutta l’estate scorsa.

Il CRV si farà portatore di iniziative (quando l’emergenza sanitaria sarà alle nostre spalle) che possano portare ad uno scambio di conoscenze e di esperienze sia tra i tecnici che tra i giocatori, promuovendo dei gemellaggi tra Scuole di tennistavolo anche di regioni limitrofe e anche nel settore paralimpico,

Altro obiettivo sarà quello di motivare i nostri migliori giocatori che militano nelle serie nazionali  affinchè tornino a disputare i tornei regionali. Penso a nuove formule di gioco, a delle sfide tra “selezioni provinciali” dove ogni squadra sia formata dai top player di ciascuna provincia, sull’esempio dei format che sta proponendo la Federazione Internazionale con il Wtt di Macao o con il T2 Diamond”.

Com’è la nuova squadra del Comitato Regionale Veneto ?

“Direi che è composta da persone che si stimano, e che provengono da società che stanno portando avanti un buon lavoro con il settore giovanile. E questa è per me la cosa più importante. Alcuni di loro poi hanno già lavorato assieme, e bene, nel precedente comitato, e a questi sono stati affiancati due nuovi consiglieri che per capacità , passione e competenza sicuramente sapranno far bene.

Diciamo che abbiamo una ottima base di partenza per accettare le sfide che ci attendono. Sono convinto poi che all’interno delle Commissioni che si formeranno altre persone troveranno spazio, per arrivare ad un CRV che sia il più possibile espressione di tutto il nostro movimento. Come dice Ruggero Moccellin, patron del TT9, il CRV non è un tavolo da ping pong dove da una parte c’è il Comitato e dall’altra come avversario le società perchè non ci dev’essere un vincitore e un vinto. Per vincere dobbiamo semplicemente stare tutti dalla stessa parte”.

Il tennistavolo è uno degli sport più praticati al mondo ma perchè in Italia non riesce a conquistare la credibilità e la popolarità che merita ?

“Fino a non molto tempo fa pensavo che questo fosse dovuto quasi esclusivamente al fatto che il tennistavolo, praticato e insegnato nell’ottica agonistica, è uno sport difficile dove le capacità e le abilità motorie necessarie per tirare efficacemente un top spin di dritto sono ben maggiori a quelle necessarie per realizzare un calcio di rigore o per andare a canestro. Essendo poi anche uno sport individuale le difficoltà sono ancor maggiori non essendoci la possibilità di “mimetizzarsi ” in una squadra.

Tuttavia penso che il principale problema, o meglio i due principali scogli che bisogna superare sono la disponibilità di tempo, inteso come tempo a disposizione degli allenatori, quasi sempre volontari, e di spazi, ossia di strutture disponibili ad accogliere il tennistavolo in orari pomeridiani. C’è “voglia di ping pong” , soprattutto adesso il tennistavolo ha la possibilità di affermarsi come sport “naturalmente anti Covid” ma molto spesso questa esigenza non viene raccolta e i ragazzi, o più precisamente le loro famiglie, seguono la corrente e iscrivono i loro figli alle attività storicamente disponibili sul territorio.

Senza questi due presupposti, tempo e spazi, non riusciremo ad organizzare una base che possa accogliere i ragazzi. Il principale obiettivo di una Federazione Sportiva dev’essere quello di accogliere quanti più giovani vogliano intraprendere la pratica agonistica. Dopo tanto tempo, finalmente, la Federazione sembra aver imboccato la strada giusta, anche attraverso la creazione delle Scuole di Tennistavolo riconosciute.

Speriamo che con questo passo importante i Comitati Regionali riacquistino il centro dell’attenzione delle politiche sportive. A noi quindi spetta il compito di trovare nuove idee, nuove formule per valorizzare sia la pratica individuale che il campionato a squadre, anche attraverso collaborazione tra più Comitati, come cercherò di portare avanti, in modo che la “voce dai territori” possa essere chiara e condivisibile”.

Se tornassi bambino sceglieresti ancora il tennistavolo ?

“Certissimamente. Tante emozioni, tanti momenti di gioia e di condivisione sportiva hanno accompagnato questi primi miei 47 anni in Fitet . Le sconfitte mi hanno fatto meglio assaporare le vittorie. E mi hanno fatto crescere, un po’. Spero non troppo, perchè del bambino e del ragazzo che ero ora ho ancora bisogno per interpretare i desideri, i sogni e le aspirazioni dei ragazzi di oggi”.